Memoria di razza
A seguito della sua domesticazione, il cane diventò fedele compagno dell’uomo.
La loro ‘vicinanza’ fece sì che il primo mettesse in mostra le proprie attitudini e l’altro imparasse a farle proprie.
Così nacque la prima grossolana suddivisione dei cani in ‘gruppi’: da pastore, da guardia, da caccia, ecc.
Pur concordando con chi sostiene che ‘tutti i cani sono cani e come tali adatti a molteplici attività’, richiamando quella che viene ricordata come ‘memoria di specie’, fin da principio l’uomo favorì seppur empiricamente la selezione in base alle proprie capacità: l’uomo-pastore privilegiava quei soggetti che meglio lo supportavano nella conduzione del bestiame, l’uomo-guardiano quei soggetti che si rivelavano capaci di proteggere le loro proprietà, l’uomo-cacciatore quelli che ne agevolavano l’inseguimento e la cattura della selvaggina, ecc.
Queste “attitudini” si ritrovavano spesso nei cuccioli dei soggetti prescelti, in una sorta di ‘selezione’ basata più sulle qualità funzionali che sull’aspetto. Questo nel passato.
Con l’avvento della cinofilia e della diffusione delle ‘razze canine’ l’importanza della memoria di razza (contenuta nel DNA del cane) si è andata affermando come necessità di far fare al cane il lavoro per cui è stato specificatamente selezionato.
Ogni razza è stata selezionata dall’uomo per dare origine a individui che dovrebbero rappresentare il cosiddetto “standard”, cioè un tipo morfologico e caratteriale che identifica, appunto, la razza. Ci sono senz’altro delle differenze sostanziali fra le varie razze di cani, differenze che dovrebbero essere sempre prese in considerazione al momento della scelta del proprio compagno di vita.
È intuitivo dire che un Setter non è un Border Collie, né un Malinois: la selezione non è acqua (né quella naturale, né quella umana), il DNA non può essere dimenticato e non è possibile chiedere a un pechinese di fermare una pernice.
La memoria di razza fa emergere le capacità innate (ereditarie) di un determinato tipo di cane. L’esempio della ferma è molto interessante. La ferma è istintiva, innata nel Setter, non è cosa che si possa insegnare. Deriva da una selezione millenaria, frutto di accoppiamenti tra soggetti capaci, di fronte ad una pernice, di bloccarsi di fronte alla preda, anziché rincorrerla come fanno la maggior parte delle altre razze.
Il concetto di memoria di razza assume differente significato per un (futuro) proprietario o per un allevatore.
Per quest’ultimo in particolare, la memoria di razza è importantissima anche per capire cosa potremo/non potremo aspettarci da un cane selezionato, cioè allevato continuando a tener presenti le attitudini che quella particolare razza deve avere. Troppo spesso la razza viene scelta esclusivamente per l’aspetto.
Consideriamo ad esempio il Border Collie, una delle razze da pastore per eccellenza, creato per accompagnare il pastore nella conduzione del bestiame.
È una razza selezionata per il lavoro e quindi è un soggetto molto energico che ha bisogno di essere impegnato quotidianamente. Questo è ciò che DEVE sapere il (futuro) proprietario.
Impensabile e poco rispettoso per il cane, acquistare un Border Collie se si fa una vita sedentaria.
L’allevatore, invece, dovrebbe andare alla ricerca del Border Collie capace di lavorare sul bestiame, sulle pecore in particolare, come avviene in Scozia o in Irlanda. Questo è il motivo per cui è stato selezionato e questo dovrebbe essere l’obiettivo principale di chi si prefigge di preservarlo.
Altro esempio? Prendiamo il Beagle, razza antica, originaria dell’Inghilterra, inizialmente selezionata per la caccia alla volpe e poi, quando diventò di moda quella alla lepre, ulteriormente selezionata per ottenere un cane di taglia medio-piccola, molto agile e veloce, capace di infilarsi in ogni angolo più remoto della natura per cacciare lepri e conigli selvatici. Il suo carattere, disponibile e socievole, e il suo aspetto tanto avvincente, lo fa erroneamente pensare un cane da compagnia. In realtà il Beagle è un segugio, un cane che segue il suo fiuto, che tende ad allontanarsi ogni volta che intercetta con il suo naso infallibile una traccia, quindi è un cane che necessità di un proprietario molto attivo ed inflessibile.
Le stesse riflessioni potremmo farle per il Cocker e per il Bassotto, altre razze da caccia, spesso scambiati per cani da compagnia.
Quindi, per concludere, il modo migliore per mantenere viva e funzionale una razza sia quello di continuare a farle fare ciò per cui è stata creata. Questo vale in particolare per l’allevatore.
Per il proprietario, forse sarebbe opportuno che – e questo distingue il buon allevatore dal ‘cagnaro’ – chi ha la responsabilità del ‘futuro’ di ciascun cucciolo, si domandasse sempre se quella persona ha le caratteristiche per garantigli una ‘bella vita’, mettendosi sempre dalla parte del cane.
Cosa significa? Non certo che il Setter debba solo cacciare, o il Border Collie solo guidare pecore… Tuttavia, se il cane è frutto di una corretta selezione, avrà sempre ben forte e chiara, dentro di sé, la memoria di razza: questa farà sì che il Border Collie, pur divertendosi come un pazzo a fare agility, si illumini d’immenso quando vede un gregge, che il Malinois da disc-dog faccia un sorrisone a 42 denti quando può mordere una manica e che il Setter da dog-dance scodinzoli all’impazzata quando può partire alla ricerca di un fagiano. E così via…
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